INTRODUZIONE
Una delle caratteristiche che ci distinguono dalle altre specie viventi è la nostra
conformazione scheletrica e muscolare che ci permette di stare in piedi senza il sostegno
delle mani, con le quali abbiamo imparato, durante la lunga evoluzione della nostra
specie, a plasmare e quindi a modificare la materia che ci circonda.
L'uomo appartiene a un gruppo di animali noti con il nome di vertebrati, dotati cioè di
una spina dorsale composta da piccole sezioni articolate le une alle altre e che, nel loro
insieme, proteggono il midollo spinale (parte costitutiva del sistema nervoso centrale).
Queste sezioni sono chiamate vertebre.
Nei pesci la spina dorsale, o colonna vertebrale, ha una funzione prevalentemente
protettiva; nei mammiferi, oltre a contenere il midollo spinale, essa ha soprattutto il
compito di sorreggere i visceri. Nell'uomo la colonna vertebrale possiede realmente una
funzione portante verticale.
La funzione più importante dello scheletro è quella di sostegno: senza di esso infatti
il nostro corpo si affloscerebbe.
La seconda funzione è la difesa degli organi più importanti: le ossa del cranio
proteggono il cervello; quelle della colonna vertebrale il midollo spinale; quelle del
torace proteggono il cuore e i polmoni.
La terza funzione dello scheletro è fondamentale per il movimento del corpo; si tratta
però di una funzione passiva, poiché il ruolo attivo viene svolto dai muscoli, che,
inserendosi sulle ossa mediante i tendini, sviluppano la forza meccanica necessaria al
movimento.
Modello tridimensionale del cranio umano
Modello tridimensionale della gabbia toracica
La spina dorsale e le vertebre
LA STRUTTURA DELL'OSSO
Il tessuto osseo è il «materiale costruttivo» delle ossa, e può essere di due tipi
fondamentali: il tessuto compatto e il tessuto spugnoso. Caratteristica del tessuto osseo
è che la sostanza fondamentale si dispone sempre a costituire sottili lamelle; le cellule
ossee, dette osteociti, si trovano in spazi ricavati fra una lamella e quelle adiacenti.
Quasi in tutte le ossa la parte superficiale è formata da tessuto compatto, in cui le
lamelle sono disposte in strati concentrici intorno a sottili canali, attraverso i quali
passano i vasi sanguigni per la nutrizione dell'osso.
Nella parte più profonda le ossa sono per lo più spugnose: qui infatti il tessuto osseo
è organizzato in forma di trabecolature e arcate, orientate secondo delle linee di forza
ben precise, in modo da rendere l'osso più resistente agli sforzi che deve sopportare.
Ciò consente di raggiungere il massimo grado di resistenza alle sollecitazioni meccaniche
con il minimo peso.
Una membrana di connettivo molto resistente, il periostio, riveste la superficie
dell'osso, provvedendo a rifornirlo di sostanze nutritive per mezzo di numerosi vasi
sanguigni.
La struttura ossea: 1) osteoni; 2) strati concentrici di fibre collagene;
3) canale di Havers; 4) vasi sanguigni; 5) canale midollare
L'ARCHITETTURA SCHELETRICA
Lo scheletro è composto da ossa di diverso tipo che, in rapporto alla loro specifica
funzione, presentano forma e lunghezza diverse. Esse sono divise in tre gruppi principali:
ossa corte, ossa piatte e ossa lunghe.
La superficie delle ossa non è liscia, ma irregolare, con depressioni chiamate cavità e
sporgenze dette apòfisi che servono all'attacco dei legamenti e dei muscoli.
Le ossa corte hanno forma irregolare ma sono caratterizzate da una sostanziale uguaglianza
fra lunghezza, larghezza e spessore; presentano uno strato compatto che avvolge il tessuto
osseo spugnoso, così detto perché ha l'aspetto di una spugna quando viene osservato ad
occhio nudo.
Le vertebre ed alcune ossa della mano sono due esempi di ossa corte. Nelle ossa piatte si
ha la prevalenza della larghezza e della lunghezza rispetto allo spessore: sono formate
all'esterno da tessuto osseo compatto e all'interno da tessuto spugnoso; nel caso più
tipico di queste ossa (che è quello delle ossa craniche), il tessuto interno è
costituito prevalentemente da spugnosa e prende il nome di diploe.
Le ossa lunghe, pur essendo molto diverse fra loro come dimensioni (una falange e un
femore, per esempio), sono costruite secondo gli stessi criteri, che consistono nel
prevalere della lunghezza sulla larghezza. Esse sono costituite da una parte centrale di
forma quasi cilindrica, detta diàfisi, e da due estremità chiamate epìfisi, una
prossimale e l'altra distale, che servono per l'articolazione con altri pezzi dello
scheletro.
Negli organismi in crescita le epìfisi e la diàfisi sono separate fra loro dalla
cartilagine di accrescimento: è in corrispondenza di questa che l'osso cresce in
lunghezza. L'intero processo si conclude intorno ai 25 anni di età.
Prendendo a paragone la meccanica, le ossa lunghe sono le leve per mezzo delle quali il
corpo esplica tutti i movimenti; la loro lunghezza è tanto maggiore quanto maggiore è
l'ampiezza dello spostamento che deve compiere l'arto.
Le ossa, alle loro estremità, si uniscono le une con le altre in corrispondenza delle
articolazioni, veri e propri dispositivi meccanici che assicurano la perfetta tenuta fra
le due superfici ossee a contatto. Le superfici di contatto sono rivestite da cartilagini
e sono mantenute solidali dall'azione dei legamenti.
La cartilagine, tessuto dalla consistenza duro-elastica, permette alle due superfici ossee
di scivolare una sull'altra, riducendo l'attrito e l'usura dovuti allo sfregamento, mentre
i legamenti impediscono alle ossa di dislocarsi, cioè di allontanarsi. Lo scorrimento
delle superfici articolari è facilitato da un liquido vischioso e filante detto sinovia,
che ha appunto il compito di ridurre l'attrito.
Le articolazioni sono di tre tipi: mobili, come nel caso del ginocchio; semimobili, come
quelle delle vertebre; immobili come quelle che uniscono le ossa craniche.
Dal punto di vista meccanico, le articolazioni rappresentano il fulcro del sistema di
movimento del corpo umano: senza di esse lo scheletro sarebbe un'impalcatura rigida
formata da una serie di ossa saldate le une alle altre senza possibilità di muoversi,
ruotare o flettersi.
Lo scheletro umano
Ossa e articolazioni della gamba
Lo scheletro e la sua funzione
Struttura e funzione dell’apparato scheletrico
Il cranio e gli arti superiori
IL RIMODELLAMENTO OSSEO
Le ossa sembrano composte da materia inerte e compatta, come un mattone o una trave, e
per questo resistenti al peso e allo sforzo. In realtà le ossa sono strutture cave che,
come molti elementi costruttivi di opere architettoniche, hanno il vantaggio di essere
molto leggere e resistenti nello stesso tempo.
Come tutti gli altri componenti dell'organismo, le ossa svolgono molte importanti
funzioni: la cavità centrale della diafisi delle ossa lunghe e di alcune ossa piatte è
occupata dal midollo osseo, che produce in continuazione gli elementi del sangue (globuli
rossi, globuli bianchi, piastrine) e serve da deposito di grassi e proteine. Inoltre il
tessuto osseo è ricco di calcio e fosforo, che vengono utilizzati dall'organismo per il
buon funzionamento del sangue, dei muscoli e dei nervi.
L'osso rivela al microscopio una complessa struttura di tessuto vivente in continuo
rimaneggiamento ed evoluzione.
Le cellule caratteristiche del tessuto osseo possono trovarsi in tre diverse fasi vitali:
- osteociti: cellule relativamente inattive, o «a riposo».
- osteoblasti: cellule in fase di grande attività, che sintetizzano a pieno ritmo la
sostanza fondamentale dell'osso (collagene ed altri materiali organici) e partecipano alla
sua calcificazione.
- osteoclasti: cellule deputate alla distruzione del tessuto osseo invecchiato o comunque
da sostituire.
Questo intenso lavorìo di costruzione e distruzione è indispensabile, per esempio,
durante la crescita: quando l'osso cresce di spessore, deve crescere anche il canale
midollare situato al suo interno; a questo provvedono gli osteoclasti che allargano il
diametro del canale, mentre all'esterno gli osteoblasti depositano tessuto osso compatto.
Analogamente avviene quando un osso si spezza: le sue cellule provvedono a saldare le
parti fratturate e a ricomporre la struttura interna dell'osso.
Il rimodellamento dello scheletro, così come la rigenerazione del tessuto osseo,
avvengono continuamente, stimolati da sollecitazioni meccaniche esterne (attività fisica
abituale oppure movimenti involontari) alle quali il nostro organismo è sottoposto in
maniera costante.
FRATTURE E RIABILITAZIONE
Si parla di frattura quando si ha la rottura di un osso, generalmente in seguito ad un
trauma. Le fratture sono piuttosto rare nei bambini molto piccoli, che hanno ossa
elastiche, mentre diventano assai più frequenti nell'anziano, le cui ossa sono più
fragili e rigide. Inoltre, la frattura guarisce prima ed in modo più completo nel bambino
che nel vecchio, dove spesso può invece risultare invalidante. Le fratture possono essere
molto diverse fra loro, ed una classificazione è sempre piuttosto complessa. Particolari
tipi di fratture sono quelle cosiddette esposte, in cui i frammenti ossei ledono
profondamente i tessuti circostanti e possono affiorare all'esterno. In questo caso c'è
anche pericolo di infezione.
Un altro tipo di frattura è detto frattura spontanea: si tratta di rotture ossee che
avvengono in seguito a traumi piccolissimi, e sono caratteristiche di alcune malattie
gravi, fra le quali i tumori. La frattura ossea è un fenomeno molto doloroso; il primo
soccorso consiste nella riduzione della frattura stessa, cioè in un'operazione che viene
eseguita dal medico e che ha lo scopo di riportare i due capi ossei nella posizione
originale. Viene di solito effettuata dopo aver somministrato un rilasciante muscolare, in
modo da diminuire la contrattura.
Dopo la riduzione, si passa generalmente all'immobilizzazione della parte, di solito per
mezzo di ingessatura. Nel punto in cui l'osso si è rotto, si forma prima di tutto un
callo cartilagineo che salda i frammenti fra loro; successivamente esso viene sostituito
dal callo osseo, tessuto molto robusto, la cui comparsa indica la guarigione.
L'ingessatura viene tenuta per un tempo variabile, che dipende sia dal tipo di frattura,
che dall'osso coinvolto. Nel caso di alcune fratture particolarmente gravi, possono
rendersi necessari anche uno o più interventi chirurgici.
Nei casi più semplici invece, tolta l'ingessatura, la parte si riabitua gradualmente ad
esprimere la sua normale funzione.
Altre volte sono necessarie delle terapie riabilitanti, cioè delle speciali ginnastiche
e/o massaggi (terapie attive e passive), che rieducano la muscolatura al movimento.
Vari tipi di fratture
Metodi di contenzione delle fratture
Tipi di fratture e primo intervento
L'APPARATO LOCOMOTORE
Piegare un braccio o distenderlo, camminare o compiere qualsiasi altro movimento con il
nostro corpo sono azioni esplicate dai muscoli che, obbedendo agli impulsi del sistema
nervoso, si contraggono, cioè si accorciano, determinando lo spostamento delle ossa alle
quali sono attaccati (e che funzionano da vere e proprie leve).
I muscoli ricoprono tutto lo scheletro e influiscono sulla forma esterna del corpo; non vi
è regione dell'organismo dove i muscoli non siano presenti.
Il cuore stesso non è altro che un muscolo; l'esofago, lo stomaco e l'intestino hanno una
tunica muscolare che permette agli alimenti di scorrere, di essere digeriti e assimilati.
Il tessuto muscolare è costituito da fibrocellule, cioè da cellule a forma di fuso,
molto allungate e disposte parallelamente. La loro caratteristica più importante è data
dalla proprietà di contrarsi, raccorciarsi e ingrossarsi. Il tessuto muscolare è di due
tipi: liscio e striato.
Il tessuto muscolare liscio è costituito da lunghe fibre, in cui sono riconoscibili tutte
le caratteristiche delle cellule. I muscoli lisci formano le pareti muscolari dei visceri
(intestino, utero, vescica), la cui attività si svolge al di fuori della volontà e
perciò sono detti anche muscoli involontari.
Il tessuto muscolare striato è costituito invece da fibre dette striate perché
presentano una regolare successione di bande chiare e scure, disposte trasversalmente. Il
tessuto muscolare striato forma i muscoli volontari del corpo, quelli che si muovono cioè
per effetto della volontà, come i muscoli delle braccia, delle gambe, del tronco. Fa
eccezione il cuore che, costituito da tessuto muscolare striato, leggermente diverso,
compie la sua funzione contrattile in modo involontario.
I muscoli che con lo scheletro partecipano alla formazione dell'apparato locomotore umano
sono circa 500 e sono tutti muscoli striati, cioè volontari.
Secondo la loro posizione, si dividono in muscoli superficiali o pellicciai, che sono
posti nello spessore della pelle; e in muscoli profondi, che si collegano con le ossa,
alle quali imprimono i movimenti mediante la loro contrazione.
I muscoli striati sono formati da una parte centrale libera, il corpo del muscolo, e da
due estremità o capi con cui si inseriscono su due diverse ossa che tendono a far
avvicinare l'una all'altra contraendosi.
La congiunzione tra muscolo e osso avviene direttamente oppure indirettamente per mezzo di
espansioni fibrose e cilindriche chiamate tendini. Queste sono formazioni molto
resistenti, che si possono ad esempio osservare sulla faccia interna del polso.
I muscoli o i gruppi di muscoli che producono movimenti opposti (come i flessori e gli
estensori degli arti) si chiamano antagonisti. Quando invece collaborano a una stessa
attività sono detti sinergici. In genere un singolo movimento è prodotto da parecchi
muscoli. I principali movimenti muscolari sono: flessione, estensione, rotazione,
adduzione (avvicinamento al corpo) e abduzione (allontanamento dal corpo).
L'apparato muscolare
Modello tridimensionale dell’arto superiore destro
Modello tridimensionale del bacino e dell’arto inferiore destro
Nuove frontiere chirurgiche nel trapianto della mano
I MOTORI DEL CORPO
Lo studio dei meccanismi che agiscono sulla contrazione muscolare è ormai ad una fase
avanzata. Il problema che più affascina gli studiosi e che più è stato approfondito
riguarda le modalità attraverso le quali la fibra muscolare trasforma l'energia contenuta
negli alimenti in energia meccanica.
Il movimento muscolare sfrutta infatti gli stessi principi che la tecnica applica nella
realizzazione dei motori: in entrambi i casi viene utilizzata una fonte di energia che,
opportunamente trasformata, è in grado di far compiere un lavoro alla macchina.
Ma a differenza di una macchina, il muscolo compie il suo lavoro senza sviluppare
temperature elevate e senza disporre di ingranaggi particolari. Ciò è dovuto alla
conformazione microscopica del muscolo, caratterizzata dalla presenza di strutture
contrattili che provocano il movimento muscolare.
Ogni fibrocellula, avvolta da una membrana sottile ed elastica, contiene fra l'altro delle
formazioni molto caratteristiche: gruppi di fibre ancora più piccole dette fibrille,
formate a loro volta da unità cilindriche chiamate sarcomeri.
Le fibrille sono di due tipi: quelle di miosina, più spesse, e quelle di actina, più
sottili. Queste due proteine si trovano raccolte a fascio nella fibra muscolare. Il
raccorciamento del muscolo, e quindi la sua contrazione, è dovuto proprio allo
scorrimento delle fibrille di actina e miosina le une sulle altre.
La contrazione muscolare richiede un continuo apporto di energia: questa è fornita
principalmente dall'ATP (sigla di adenosintrifosfato), una molecola che è in grado di
accumulare energia e di cederla quando venga richiesta. L'ATP è un composto chimico
sintetizzato dalle cellule a partire dalle riserve di un particolare tipo di zucchero, il
glucosio, che è la fonte universale di energia per gli organismi viventi.
Un esperimento molto semplice dimostra la fondatezza di questa ipotesi: se si versano in
un'adatta soluzione dell'actina e della miosina, si forma un filamento di actomiosina, una
molecola complessa che risulta dall'unione delle due; se si aggiunge alla soluzione così
ottenuta dell'acido adenosintrifosforico, ATP, il filamento di actomiosina si accorcia,
proprio come accade quando si contrae il muscolo. La contrazione muscolare avviene dunque
quando i sottili filamenti delle fibrille scivolano l'uno contro l'altro; gli impulsi
nervosi provvedono a fornire gli stimoli che innescano questo processo.
Fibre muscolari
I principi che sottendono alla contrazione muscolare
MOVIMENTI VOLONTARI E RIFLESSI
I muscoli striati, detti volontari, dipendono interamente dal sistema nervoso. Se si
recide un nervo all'estremità superiore di un muscolo striato, questo muscolo non si
contrae più. Resta completamente immobile se non viene stimolato da una scossa elettrica
o meccanica.
Ma se si tratta di un muscolo liscio, si scopre che, nelle stesse condizioni esso conserva
una certa attività: un frammento di intestino, messo in una provetta contenente liquido
fisiologico, continua a contrarsi in modo regolare, sempre secondo il proprio ritmo.
L'eccitazione, o l'assenza di eccitazione nervosa, provocano una modificazione del ritmo,
ma solo la morte è in grado di far cessare l'attività meccanica di un frammento di
muscolo intestinale. Questa constatazione è molto importante perché la muscolatura
liscia si è specializzata in quei movimenti interni dell'organismo che permettono la
nutrizione e assicurano numerose funzioni vitali negli organismi superiori.
L'esofago, lo stomaco e l'intestino sono rivestiti interamente da muscolatura liscia.
Anche il sistema circolatorio ha la stessa origine: eccetto il muscolo cardiaco, le pareti
dei vasi sanguigni hanno tuniche muscolari costituite da fibre lisce.
I muscoli striati, localizzati prevalentemente negli arti e nel tronco, hanno senza dubbio
un'importanza primaria perché assicurano la locomozione. Ma non sono strettamente
indispensabili alla sopravvivenza. Nei casi più gravi di poliomielite, tutti i comandi
nervosi dei muscoli striati sono paralizzati, eppure esistono malati che sono
sopravvissuti per molti anni nel cosiddetto «polmone d'acciaio».
Ciò dimostra l'importanza fondamentale dei muscoli involontari nel funzionamento
dell'organismo.
I meccanismi che regolano i riflessi nervosi